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Sentieri spontanei


Percorrendo il sentiero che conduce all’Abbazia di San Pietro al monte, alle pendici del Cornizzolo, si può trovare una targa, avvolta dall’abbraccio di una roccia, su cui è inscritta una preghiera e ogni volta che sono in montagna a camminare, mi torna in mente sempre lo stesso verso: “Grazie Signore perché la montagna mi ricorda che ho bisogno degli altri. Ti prego perché la cordialità, l’amicizia, la disponibilità che qua in montagna diventano un fatto spontaneo, lo siano anche nella vita quotidiana”.


Mi piace camminare in silenzio, in montagna, forse perché ho sempre la sensazione di entrare in un luogo in cui io sono l’ospite e desidero che il mio incedere sia rispettoso. Guardo avanti, lungo il sentiero -di solito davanti a me c’è il mio cane che sgambetta felice- e quando scorgo da lontano altri passi mi metto subito in curioso ascolto e osservazione: chi saranno? Io salgo, loro scendono. Avranno fatto il mio stesso sentiero? Sarà stato faticoso come lo è per me? Sono più piccoli o più grandi di me? Uomini o donne? Chissà chi sono fuori dagli scarponi…tacchi, mocassini o sneakers? Non lo so e con tutta probabilità io questo non lo saprò mai perché il fatto è che siamo reciprocamente dei completi sconosciuti, ma nonostante tutto questo, nonostante questo incontro sia rapido e silenzioso come un battito d’ali, c’è quell’attimo, quella manciatina di secondi in cui, passando oltre l’uno all’altro, il capo si solleva quel che basta perché i nostri occhi si possano incontrare. Con quel piccolo movimento della testa e quello sguardo, la postura del mio corpo cambia tutta: la schiena si distende, le spalle si abbassano, i muscoli tutti (in barba alla fatica) si rilassano e la temperatura aumenta un poco, e per cosa? Per lasciare posto ad un semplice sorriso, a un “ciao, buongiorno, buon cammino”. Poi proseguo e mi accompagna lo stupore del conforto che lasciano anche solo un sorriso e un saluto in un momento di fatica e di quanto questi siano un potente stimolo per sentire che nonostante la strada sia sempre la stessa di un momento prima, sempre con lo stesso coefficiente di difficoltà e sempre le stesse gambe a percorrerla, la mia “postura interiore” è del tutto nuova e rigenerata. Sento la possibilità, sento di poter andare avanti.


Mi piace andare in giro in silenzio, sul tram o in bicicletta, forse perché con tutto il rumore che mi circonda, ho bisogno di aggrapparmi solo ai miei sottili suoni “di dentro”. Guardo avanti, lungo la strada, e quando scorgo da lontano altri passi si mette in moto sempre la stessa passione per chi potrei avere di fronte. Come in montagna, ci si incontra tra sconosciuti, ma è raro che accada qualcosa. A volte tento un sorriso, ma se sono fortunata lo guardo volar via da solo, altrimenti ricevo in cambio sguardi di diffidenza o allerta, come se fossi entrata in uno spazio altrui senza prima bussare. La magia e il calore del contatto evaporano. Anche in questo caso la postura del mio corpo cambia tutta, guadagnando rigidità. Poi proseguo e mi accompagna uno sfumato senso di solitudine e ho come la sensazione che la strada sia un poco più dura da percorrere. Certo, spesso gli stimoli e le preoccupazioni del quotidiano sono molteplici, ma sono sicuramente sufficienti a privarmi della possibilità di godere di due cose per me preziosissime: condivisione e spontaneità.


Mi piacerebbe che il sorriso o lo sguardo reciproco fossero un fatto spontaneo ogni giorno, con chiunque. Mi piacerebbe che potessimo sentirci tutti parte di uno stesso grande sentiero in cui è spontaneo, anche solo per una frazione di secondo, essere totalmente nello sguardo di uno sconosciuto e attraverso i nostri occhi dirgli “ciao, buongiorno, buon cammino”, cambiando la nostra “postura interiore” e, chissà mai, forse anche la sua.


A voi oggi, ciao! Buongiorno e buon cammino!

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